valle dei re

Posted by admin on May 16th, 2010 filed in V

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E’ una leggenda anche troppo accreditata che gli Egizi fossero in qualche modo ossessionati dalla morte, laddove non lo erano molto più di quanto non lo sia la nostra cultura. E’ vero però che una cultura tanto attenta all’oltretomba e all’aldilà è stata di estremo aiuto agli studiosi per tracciare gli spostamenti e le evoluzioni del virus, oltre che le sue implicazioni sociali. Ta-sekhet-a’at, il Grande Campo (o, come viene più spesso definita, la Valle dei Re) è uno dei luoghi più prolifici per le ricerche, grazie non solo al materiale organico disponibile ma anche e soprattutto alla grande quantità di documentazione parietale.

Di frequente il virus di Trelawney svolgeva un ruolo dominante nella distribuzione del potere ai vertici della società egiziana, quasi come la sifilide avrebbe fatto secoli dopo in Europa. La regina Tausert è stata probabilmente al centro di uno di questi episodi: ultimo sovrano della XIX dinastia, tenne la reggenza per un paio d’anni prima di venir soppiantata da un asiatico e successivamente dal primo re della dinastia successiva, Sethnakt. Il ritrovamento di recenti papiri tuttavia ha rivelato una storia piuttosto diversa dall’ipotizzata usurpazione di un regno: la tomba KV14, un tempo di Tausert e in cui si sarebbe poi insediata la mummia di Sethnakt, sarebbe infatti stata utilizzata come rifugio per la regina, un diversivo prima di sfuggire alle cospirazioni dei funzionari unendosi ai cosiddetti popoli del mare. Perché e come Tausert fosse rimasta vittima dell’infezione non è chiaro: sembra evidente tuttavia, stando alle fonti contemporanee, che il piano cospiratore consistesse nel marchiare la regina con un ceppo poco potente del virus per renderla inoffensiva in un panorama politico che si faceva sempre più complesso. Sarebbe stato lo stesso Sethnakt a preparare il proprio insediamento dall’interno del palazzo, aiutando la regina nell’inscenare la sua morte e nella sua fuga dalla Valle dei Re.

Dall’altra parte della valle, molto ha rivelato anche la tomba della regina Hatshepsut, che regnò sull’Egitto attorno al 1479 a.C., e che tentò di ripristinare il culto di Seshat, secondo alcuni evoluzione del vicino culto di Astarte. La regina innalzò nuovi santuari alla divinità della scrittura e della medicina, luoghi di studio della matematica, dell’astronomia e della scrittura, ma alla sua morte il nome e le opere della regina furono sottoposte alla damnatio memoriae. E’ controverso se Hatshepsut fosse o meno infetta: lo studio sulla mummia sepolta nella tomba KV20 avrebbe definitivamente chiarito che non lo era, tuttavia la convinzione è stata rimessa in discussione dal ritrovamento in KV60 della nutrice della regina e di un’altra mummia adagiata al suolo. Dopo controlli incrociati con reperti conservati a Deir el-Bahari, la mummia al suolo è stata identificata con quella della regina, probabilmente trasferita lì per sfuggire alla campagna denigratoria in atto. Attualmente i risultati delle anlisi su questa mummia sono ancora controversi.

Ma la valle non conserva solo testimonianze legata all’ingerenza del virus nella società dell’Antico Egitto. Tra i molti studiosi che si sono accalcati in questa valle, merita una menzione almeno Ludwig Borchardt, egittologo berlinese appassionato di architettura. Sua scoperta più celebre, quella legata allo scultore di corte Djhutmose e al suo celebre busto di Nefertiti. Il ritrovamento di ques’opera tuttavia, ipoteticamente avvenuto il 6dicembre 1912 ad Amarna nel laboratorio dello scultore, presenta alcune anomalie e diversi punti non chiari: l’unico documento a riguardo rimane il diario di Borchardt e, quando altre fonti entrano in scena, l’attenzione è sempre stata concentrata sull’equità o meno delle trattative con la sovrintendenza relative all’uscita del busto dall’Egitto. Solo nel 2009 inizieranno a sorgere i primi dubbi sull’autenticità del busto: secondo le più recenti teorie, sarebbe opera dello scultore Gerardt Marks su istruzioni dello stesso Borchardt (Henri Stierlin, Le Buste de Nefertiti – une Imposture de l’Egyptologie? e Edrogan Ercivan, Missing Link in Archaeology). Anni dopo, ulteriori dettagli si sarebbero aggiunti alla teoria rivelando tracce di un’intensa attività elettromagnetica preso gli scavi di Amarna all’epoca del ritovamento. Secondo le più audaci teorie, il busto sarebe quindi un falso moderno, sì, ma comunque una copia dal vero.

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