Aratea di Leida
Posted by admin on August 15th, 2011 filed in OggettiAratea di Leida
225 x 200 mm di formato per 99 fogli, provenienza lotaringia (Aquisgrana), 825 d.C. circa: 35 miniature a piena pagina, di cui 4 mancanti.
« In epoca ellenistica, il poeta greco Arato scrisse su commissione di un principe macedone una breve opera sui corpi celesti, rifacendosi agli studi dell’astronomo Eudosso di Cnido (319-337 a.C.). Il breve trattato si apre con la descrizione delle costellazioni, seguita dall’enumerazione dei pianeti e delle condizioni atmosferiche, chr servivano a dare indicazioni pratiche aj navigatori e agricoltori. Il poema didascalico, che conteneva anche suggestive saghe e racconti mitologici, fu oggetto di edizioni sempre più aggiornate durante il Medioevo; il codice serviva infatti per lo studio dell’astronomia.
Tra le numerose copie carolingie che riproducono i cicli delle costellazioni d’epoca tardoantica, questo codice, oggi custodito a Leiden, riveste una particolare importanza. L’ottima qualità delle miniature a piena pagina rivela che fu realizzato per un autorevole committente della corte di Carlo Magno. Le immagini delle costellazioni, corredate da una carta dei pianeti, sono inscritte entro una cornice e riempite da colori di copertura, mentre le stelle sono dipinte a oro: queste illustrazioni rappresentano una straordinaria riproduzione artistica dei modelli tardo-antichi, anch’essi di grande pregio.
Le varie edizioni carolinge dell’Aratea conservano intatto il loro fascino anche ai giorni nostri, in quanto riproducono gli originali antichi con estrema fedeltà . Talvolta infatti i miniatori rievocano le istanze classiche con tale maestria che alcune immagini ricordano i personaggi degli affreschi di Pompei. Tuttavia la posizione e le dimensioni delle stelle in questi manoscritti sono talvolta associate alla figura mitologica sbagliata. Col passare del tempo e col diffondersi dei modelli arabi, queste raffigurazioni riprodurranno in modo sempre più fantastico le antiche conoscenze astronomiche, fino a rendere quasi irriconoscibile l’antico carattere pittorico e i riferimenti mitologici dele illustrazioni originali. »
(Norbert Wolf, Capolavori della miniatura. Ed. Taschen)
Il manoscritto, probabilmente commissionato dall’imperatore Ludovico I (sul trono dal 814 al 840) e da sua moglie Giuditta (800-843 ca), ha lasciato traccia di sé nella Francia settentrionale attorno all’anno mille, attraverso le due copie realizzate al convento di St. Bertin. Nel 1573 fu acquistato dal pittore Jacob Susius, che lo portò a Grand, e da lì passò nelle mani di Hugo Grotius (1583 – 1645). Questi lo utilizzò come riferimento per l’edizione dei Syntagma Arateorum, pubblicato nel 1600, e venne successivamente a trovarsi nella biblioteca di Cristina di Svezia. Nel 1690 fu trasferito alla biblioteca università ria di Leiden insieme all’intera collezione di Isaak Voss. Vi è tutt’ora conservato, e non è consultabile: è invece disponibile per la consultazione la sua copia olografica conservata al Klementinum di Praga.
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