George Frederic Watts – Speranza (1886)
Posted by Isabelle on May 18th, 2011 filed in Oggetti
George Frederic Watts
Speranza
(1886)
Olio su tela, 142,2 x 111,8 cm
G.F. Watts partecipò all’esposizione universale di Parigi del 1878 con nove dipinti e una scultura; pertanto, in confronto ai colleghi inglesi, la sua opera era mediamente ben rappresentata. Il successo lo proiettò tra i grandi artisti più celebrati della storia europea. Nei suoi quadri Watts mirava a ricreare una “poesia dipinta su tela” e misteriosa (come affermava fin dal 1880), che per il suo tenore di fondo mostrava notevoli affinità con le opere di Dante Gabriel Rossetti, di Edward Bourne-Jones e Fernand Khnopff. Per gli aspetti formali e coloristici della sua opera, Watts trasse ispirazione anche dagli antichi maestri della storia dell’arte, tra cui due geni così diversi come Tiziano (1485/90 – 1576) e William Turner (1775 – 1851).
L’interesse del pittore per il misticismo e l’aldilà espresse anche in una serie di scritti, risalenti alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, nei quali postulava la congruenza ideale tra poesia, musica e arti figurative, e promuoveva composizioni che parlassero alle sensazioni più fini, ai sentimenti più sublimi, per mezzo di temi visionari e con modalità estremamente valide: non voleva dipingere bei quadri per il piacere degli occhi, ma per visualizzare grandi idee.
Un dipinto come la Speranza (oltre alla tela conservata alla Tate Gallery esiste una versione di poco anteriore in una collezione privata) adempie a questo fine in modo esemplare.
L’allegoria della speranza, una delle tre virtù teologali, vanta una lunga tradizione iconografica. Watts rinuncia al consueto attributo dell’ancora e colloca la personificazione della speranza, dai lineamenti di ragazza, su un globo terrestre, conferendole una posa elegiaca, quasi da sonnambula (la ricerca ha compilato un intero catalogo di possibili fonti di ispirazione per questa figura, motivi tratti dall’ambiente preraffaellita e simbolisti, inclusi spunti provenienti dall’opera di Elihu Vedder). Al contempo, il pittore serra la figura entro una struttura “geometrica” fatta di linee orizzontali e diagonali che include la parte formata da testa e spalle, braccio destro e lira.
La testa avvolta nella fasciatura rimanda alla cecità e allo stato psichico che la figura incarna. Particolari come la lira, a cui è rimasta un’unica corda, e poi l’espressione enigmatica del viso e lo sfondo immerso in un tono diffuso verde-blu evocano un’atmosfera di malinconia; nella versione conservata alla Tate Gallery, Watts ha inoltre eliminato il simbolo della speranza, una stella che brilla alta nel cielo, presente nel primo quadro realizzato, tanto che un autore contemporaneo ha proposto di ribattezzare il dipinto “disperazione”. La foschia nebbiosa che si posa alla base dello pseudo-globo terrestre rafforza il senso di ambiguità insito nel quadro, l’incertezza tra speranza e rassegnazione.
In Inghilterra, alcune voci coeve all’artista diedero particolare rilievo alla “delicata lucentezza” del dipinto dovuta alla tavolozza, alla luce e all’atmosfera, e ancor più all’effetto prodotto dall’opera che equivaleva a una “poesia in musica”.
(Norbert Wolf, Simbolismo. Ed. Taschen)
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