Hiroshige – Il santuario di Azuma no mori e il canforo gemello
Posted by Isabelle on August 21st, 2011 filed in OggettiHiroshige
Azuma no mori Renti no azusa
7-1856
Il santuario di Azuma no mori e il canforo gemello
La chioma del canforo gemello citato nel titolo svetta sull’orizzonte rosso in un cielo chiaro animato da uno stormo di piccol ucceli. La chioma di destra era considerata la parte maschile, che con il suo profilo incurvato si eleva al di sopra del suo piatto pendant femminile a sinistra. Questo albero dalla forma bizzarra era il simbolo del mitico principe Yamato Takeru no Mikoto e di sua moglie, Ototachibana Hime. Il padre del principe, il leggendario imperatore KeikÅ, inviò il figlio nel nord del paese, per combattere contro i barbari; l’irruente principe scatenò la collera degli dei, che minacciarono di far affondare la sua nave durante una tempesta. Proprio in quel momento, la principessa Ototachibana Hime si gettò tra i flutti e, grazie al suo sacrificio placò le ire divine. Pochi giorni dopo, il suo pettine venne portato a riva dalle onde e il principe lo sotterrò ai piedi di una collinetta. Disperato per aver perso la sua sposa, il principe piantò due bacchette di legno di canfora nel simbolico luogo di sepoltura, dalle quali pare sia nato il canforo gemello qui rappresentato.
Secondo la leggenda, il nome Azuma deriva dall’invocazione del principe “Aa, tsuma!” (“Oh, sposa mia!”), ma significa anche semplicemente “Est” e si riferisce al territorio di Edo. Nell’opera di Hiroshige gli edifici del tempio di Azuma no mori eretti attorno al celebre albero scompaiono quasi del tutto nel fitto boschetto scuro, mentre l’artista mette in evidenza, grazie all’uso di un giallo intenso, la strada che conduce al sacrario, fiancheggiata da alberi e vessilli. Il grigio scuro dei campi fa brillare non solo la strada, ma anche il delicato rosa sei ciliegi in fiore. Alcuni pellegrini – uomini, donne e un bambino – e i passeggeri di due barche ammirano lo splendore dei fiori.
(Melanie Trede e Lorenz Bichler, Hiroshige. Ed. Taschen)
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