Sefer Harîrî
Posted by admin on September 9th, 2011 filed in Oggettial-Maqâmât o Sefer Harîrî, meglio noto come Intrattenimenti
Realizzato nel 1237 a Baghdad, è una raccolta di 50 maqâmât di lingua araba, in prosa rimata, con inserzione occasionale di versi e, in appendice, un insieme di conversazioni tenut davanti ad un’assemblea nel modello dei dialoghi platonici. L’autore del testo è Abu Mohamed al-Qasim al-Harîrî, l’autore delle miniature e delle lettere è Yahya ibn Mahmud al-Wasiti.
« Nel XIII secolo, all’epoca degli ultimi Abbassidi, la pittura islamica conobbe un continuo sviluppo legato al prestigio della scuola di Baghdad.
Se gli artisti riprendono spesso il vocabolario formale della tarda antichità e della sua interpretazione bizantina, iniziano anche a tradurre questo stile, all’inizio marcatamente illusionista, in un linguaggio simbolico di tendenza più astratta. Nell’illustrazione delle opere letterarie, i miniatori sono molto più liberi che nelle edizioni scientifiche e possono quindi sviluppare un linguaggio iconico molto più indipendente. I maqâmât sono tra gli esempi più diffusi di questo tipo di letteratura. Le versioni più antiche risalgono alla prima metà del XIII secolo. L’esemplare di Parigi, chiamato anche Sefer Harîrî, dal nome del vecchio proprietario, è stato copiato e miniato nel 1237 da Yahya ibn Mahmud al-Wasiti. L’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo ne conserva un secondo esemplare, probabilmente più antico.
Il senso della parola araba “maqâmâ” equivale a “seduta” o “tavolata”, e rinvia ai discorsi che si tengono in questo genere di riunioni. Questo tipo di declamazioni magniloquenti fu fissato nella letteratura in prosa rimata, con l’inserimento occasionale di versi che lasciano ogni libertà ai duelli retorici e alle sapienti esegesi, e che erano un buon pretesto per ogni tipo di frecciata o di battuta. Abû Mohamed al-Qâsim al Harîrî di Basra (1054-1122) ha nobilitato questo genere letterario. L’eroe delle sue “riunioni” e Abou Zayd al-Saroudjî, famoso vagabondo e furfante matricolato, che l’autore fa apparire nelle situazioni più rocambolesche. Il manoscritto di Parigi si distingue per il lusso della decorazione e per la squisita raffinatezza artistica. La maggior parte delle miniature infatti sono rifinite in oro, mentre la scrittura molto raffinata è realizzata con inchiostro rosso e nero. Attraverso un ciclo di illustrazioni tanto delicate quanto espressive, questo manoscritto rappresenta senza dubbio l’apice della pittura islamica, che deve la sua distinta stilizzazione – attraverso vie complicate – all’influenza dell’arte buddista indiana.
Comunque sia, questo libro offre intuizioni edificanti sulla vita quotidiana dell’epoca. Nonostante alcune scene si assomiglino sul piano tematico, il grande artista Wasiti ha saputo evitare lo scoglio della monotonia attraverso variazioni continuamente rinnovate e sottili cambiamenti d’accento. Il suo cromatismo molto acceso non è tuttavia mai stridente. La sua abilità s’innalza fini a un vigore incomparabile nelle illustrazioni come quelle della partenza per la Mecca, dove una scena di folla associa gli elementi naturalistici e la bellezza ornamentale e decorativa, innalzando questo soggetto al di sopra delle costrizioni temporali per farne un simbolo iconico che va al di là del tempo. »
(Norbert Wolf, Capolavori della Miniatura. Ed. Taschen)
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