Max Ernst – Natura all’aurora
Posted by Isabelle on June 5th, 2012 filed in OggettiMax Ernst
Natura all’aurora
– 1936 –
Olio su tela, 25 x 35 cm
Nel dipinto a olio in piccolo formato Natura all’aurora, Max Ernst confronta l’osservatore con una scena al tempo stesso seducente e angosciante. Sotto il cielo sereno di un paesaggio di montagna, un fitto groviglio di piante riempie l’intero primo piano. Proveniente da sinistra, un enorme volatile antropomorfo con il becco rapace curvo verso giù si fa largo attraverso la boscaglia. Il suo obiettivo è evidentemente la figura femminile nuda rannicchiata nel margine destro del quadro, nascosta dietro alcuni fiori di un lucente color bianco-rosso e giallognolo. Con questa scena di inseguimento, carica di erotismo, il dipinto segna l’avvio di una serie di cosiddetti quadri della giungla, tutti realizzati tra il 1936 e il 1938. Il modello dei paradisi naïf dei Mari del Sud di Henri Rousseau si combina in essi con i ricordi del viaggio in Indocina realizzato dall’artista nel 1924. « Laggiù ci sono ancora foreste? Così sembra », scrive Max Ernst nei suoi Appunti biografici. « Sono selvagge e impenetrabili, […] smisurate, terrestri, pullulanti di vita, completamente diverse, trascurate, terribili, ardenti e amabili, senza ieri né domani ». La figura principale di numerosi di questi quadri è un essere misto tra uccello, uomo e pianta, talvolta rappresentato nel travestimento mitologico del dio Pan, divinità della foresta e dei pastori (La ninfa Eco, 1936, The Museum of Modern Art, New York). Entrambi, il fascino della foresta e l’apparizione dell’uccello, risalgono in ultima analisi alle esperienze dell’infanzia dell’artista. Se per Max Ernst la foresta è il simbolo del mondo per antonomasia, della natura e delle sue ombre, ma anche della sua trasformazione estetica e nuova creazione, l’uccello è il prodotto della fantasia e l’alter ego dei rappresentanti dell’artista. Il tema della Natura all’aurora sarebbe quindi l’arte stessa: l’ispirazione erotica del processo creativo, l’immersione in un altro mondo e, come risultato il ‘fiorire’ del quadro. Mentre nel dipinto di Francoforte questo processo è rappresentato per così dire ai suoi inizi, nei restanti quadri della serie la trasformazione e l’identificazione con la natura è più avanzata sotto molteplici aspetti. In essi la seduzione si trasforma a vista d’occhio in minaccia, il piacere in terrore: sconvolgente nel motivo della mantide religiosa che si alza per divorare il proprio partner dopo l’atto d’amore (La gioia di vivere, 1936, Scottish National Gallery of Modern Art, Edimburgo). Se si considera l’epoca dell’esecuzione dei quadri, difficilmente si può negare una dimensione politica. Il groviglio in cui l’artista si reca sotto forma di uomo-uccello e in cui trascina l’osservatore si rivela così non da ultimo come una sorta di substrato della civiltà europea negli anni antecedenti la Seconda guerra mondiale.
(F. Kramer, Cento capolavori dallo Städel Museum di Francoforte. Ed. Giunti.)
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