Vathek

Posted by admin on January 27th, 2011 filed in V

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Vathek è un romanzo gotico scritto da William Beckford in lingua francese all’inizio del 1782 nella sua residenza di Fonthill Abbey, e pubblicato in Inghilterra nel 1786 in forma anonima e nella traduzione di Samuel Henley.
Espressione dell’orientalismo dilagante in Inghilterra tra il XVIII e il XIX secolo, Vathek è profondamente ispirato dalla traduzione di Antoine Galland delle Mille e una notte e dall’opera di Voltaire, oltre che da opere gotiche a lui contemporanee come Il castello di Otranto (1764). La leggenda vuole che il racconto sia stato scritto in due notti e sia stato profondamente ispirato dagli eventi che si verificarono a Fonthill durante il natale 1781. Il personaggio principale, che dà il titolo al romanzo, è ispirato dal califfo Al-Wathiq ibn Mutasim (الواثق), che regnò tra il 842 e il 847 e si distinse per una grande sete di sapere e per essere stato patrono di numerosi artisti e studiosi del suo tempo. Il suo regno fu teatro di numerose rivolte, e si dice sia morto di febbre il 10 agosto 847 dopo aver combattuto personalmente contro una di queste ribellioni. Il romanzo narra la caduta del califfo che, a seguito dell’incontro con il misterioso mercante indiano Giaour, si imbarca in una serie di riti destinati a conferirgli poteri soprannaturali. Al termine della vicenda, la sorte che aspetta Vathek è una discesa nell’inferno del demone Eblis, in cui è condannato a vagare in eterno privo del dono della parola. Lo affiancano nella vicenda la madre Carathis, raffigurata come un’astronoma e una maga, e che introduce Vathek ai principi dell’occulto incoraggiandolo nella sua ricerca del potere.

Fonthill Abbey, conosciuta anche come Beckford’s Folly, era una casa di campagna a Fonthill Gifford, nel Wiltshire, accanto alla palladiana Fonthill Splendens e costruita sulle rovine di una villa elisabettiana distrutta nel 1755 (e nel cui incendio andarono perduti numerosi dipinti tra cui il celebre ciclo A Harlot’s Progress di William Hogarth). L’episodio che avrebbe ispiorato la composizione del romanzo fu un ricevimento di svariati giorni organizzato per William Courtenay, il figlio undicenne del Visconte di Courtenay. Nel 1795, dopo un lungo esilio a causa di uno scandalo che coinvolgeva proprio al sua relazione con il giovane Courtenay, Beckford tornò alla villa ed aggiunse un lungo muro di cinta, oltre a cominciare la ricostruzione in forma di abbazia gotica. La prima versione dell’edificio crollò poco dopo aver raggiunto i 90 metri di altezza. I sei anni successivi videro le maestranze impegnate nella costruzione di una nuova torre, della stessa altezza, che crollò nuovamente. La terza tore, interamente in pietra, venne eretta nei successivi sette anni: l’abbazia venne decorata in oro e porpora e fu dichiarata terminata nel 1813. I ricevimenti tenuti nella residenza vennero tenuti segreti e il personale di cucina seppe solamente di dover preparare pietanze per dodici persone ogni sera: l’unica festa di cui si ebbe una qualche notizia fu quella per il Natale del 1800, di cui furono ospiti anche l’ammiraglio Nelson e lady Emma Hamilton.
Beckford rimase a Fonthill Abbey fino al 1822, quando fu costretto a venderla dopo aver perso le sue fortune oltreoceano in un’azione legale: venne acquistata da un mercante d’armi, John Farquhar, che morì nel 1825 sotto il crollo della torre principale.

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Thomas Beckford è anche noto, oltre che per la sua opera letteraria e le sue stravaganze architettoniche, per la sua vasta collezione d’arte. Tra le opere da lui possedute, si ricordano:
- la Santa Caterina d’Alessandria di Raffaello, venduta nel 1839 dalla National Gallery per £6.000;
- l’orazione nell’orto di Giovanni Bellini, acquistata da Joshua Reynolds nel 1759 per £5 e successivamente ritornata a Beckford per la modica cifra di £52.10 insieme al Mantegna;
- Ritratto del doge Leonardo Loredan, sempre di Giovanni Bellini, acquistato nel 1807 per 13 ghinee e rilevato nel 1844 dalla National Gallery per £630.
- Esumazione di sant’Uberto di Rogier van der Weyden, bought by Beckford in 1802 for £96.12s, by NG in 1868 for £1,500.[16]
- Ritratto di Filippo IV di Diego Velázquez, successivamente rilevato dalla National Gallery nel 1882 durante l’asta a Hamilton Palace per la cifra record di £6,300;
- Tuccia e Sophonisba di Andrea Mantegna, coppia di tempere su tavola parte di un ciclo raffigurante anche Didone e Giuditta;
- Adorazione dei Magi di Filippino Lippi, acquistato nel 1882 per £1.227;
- Negozio di un pollivendolo di Gerrit Dou, attualmente conservato alla National Gallery;
- Circoncisione di Luca Signorelli, acquistato nel 1882 per £3.150;
- San Girolamo di Cima da Conegliano;
- Vergine con bambino e San Giovanni del Perugino;
- Madonna con bambino attorniata dai Santi, di Giovanni da Pesellino;
- Pala d’altare con crocifissione, ad opera di Jacopo di Cione, la principale opera trecentesca della collezione.

- Il discorso della montagna, Il padre di Psiche che la sacrifica al tempio di Apollo e Lo sbarco di Enea di Claude Lorrain, venduti al Duca di Kent nel 1947 per £5.300;
- Ritratto del Doge Giovanni Mocenigo di Gentile Bellini, attualmente ritornato a museo Corrier di Venezia da un donatore anonimo.

- Il cosiddetto Vaso Fonthill, una porcellana cinese del XIV secolo che si ritiene essere la prima ad arrivare in Europa;
- un secretaire realizzato da Jean-Henri Riesener per Maria Antonietta;
- la collezione Meissen delle porcellane appartenute al principe d’Orange attorno al 1770;
- il vaso Rubens, di epoca bizantina, in agata decorata.

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